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Trento, 19 ottobre 2006
COSTITUZIONE E AUTONOMIE: STUDIATEVI LA “CARTA”
di Marco Boato, pubblicato su l’Adige di sabato 21 ottobre 2006

Ho letto con una certa sorpresa, e un po’ di sincero rammarico, la “lettera” che Michele Guarda mi ha indirizzato dalle colonne de “l’Adige” del 18 ottobre a proposito della vicenda dei Comuni di Lamon e Sovramonte, che hanno chiesto con referendum popolare di essere aggregati al Trentino. Poiché è opportuno, soprattutto per gli attenti lettori de “l’Adige”, rispondere in modo motivato e documentato, mi permetto di farlo “per punti”.

1. Partiamo dalla fine, perché “in cauda venenum” (il veleno è nella coda): “Ma, ora che ci penso, tu non sei di origine veneta? Adesso si spiega tutto”. Per un collaboratore, anche lui “di origine veneta” (come mi ha scritto in un imbarazzato Sms postumo), di un senatore (Tonini) di origine romana, non c’è male come capacità dialettica. Mi vergogno un po’ per lui che usa simili argomenti. Per quanto mi riguarda, nato a Venezia nel 1944 e vissuto a Trento dal 1963, sono orgoglioso sia delle mie radici veneziane sia della mia appartenenza al Trentino da 43 anni, ma mi sento anche a pieno titolo cittadino europeo e del mondo. Dopo sei mandati parlamentari in Trentino–Alto Adige, sono sconsolato che chi appartiene ai “democratici di sinistra” ragioni ancora in questo modo, con un vago accento di xenofobia inter-regionale.

2. “Sono rimasto sorpreso nel leggere la sequela di offese che hai indirizzato a chi esprimeva opinioni diverse dalle Tue, a cominciare dal Tuo collega Tonini”. Dopo aver ricordato che su Lamon è stata presentata sia una mia proposta di legge costituzionale, sia un disegno di legge costituzionale del Governo Prodi (a firma dei Ministri dell’interno Giuliano Amato e per gli affari regionali e le autonomie locali Linda Lanzillotta), ho anche testualmente affermato, a “l’Adige” dell’11 ottobre (p. 20): “Non sono favorevole a una moltiplicazione di iniziative di questo genere” (riferito ad Asiago e dintorni).

Ma, di fronte al referendum, costituzionalmente previsto, legittimamente celebratosi prima a Lamon e poi a Sovramonte, con una straordinaria partecipazione popolare e un esito plebiscitario, a chi si propone di ignorarne e respingerne l’esito, ho dichiarato: “Mi sembra una posizione politicamente miope e frutto di una chiusura egoistica che fa paura. Sono pareri né intelligenti politicamente né rispettosi della Costituzione”. Confermo parola per parola. Se richiamarsi alla intelligenza politica degli avvenimenti e al rispetto della Costituzione significa (per Guarda) una “sequela di offese” o (per Tonini, su “l’Adige” del 12 ottobre) utilizzare il linguaggio di “un volantino di Lotta continua”, vuol dire che siamo lontani anni-luce dalla capacità di un vero confronto politico. Mi dispiace per loro.

3. E veniamo finalmente al merito della questione. Prima Lamon e poi Sovramonte hanno esercitato un diritto costituzionalmente garantito, già previsto dalla Costituzione del 1948 e poi ribadito, in forma ancora più esplicita, dall’art. 132 della Costituzione come modificato (dalla maggioranza di centro-sinistra) con la riforma del Titolo V introdotta con la legge costituzionale n. 3 del 2001, confermata nel referendum popolare dell’ottobre 2001. E’ incredibile che si consideri una sorta di attentato alla nostra autonomia la piena attuazione di un principio previsto dalla nostra Carta costituzionale, che non è nella disponibilità privata né di Guarda né di Tonini rispettare o meno. Abbiamo, giustamente, accusato il centro-destra di voler imporre uno stravolgimento della Costituzione, che abbiamo respinto a grande maggioranza col referendum del giugno scorso. E’ stupefacente che, da esponenti del centro-sinistra, si pensi di cancellare un diritto sancito dalla Costituzione vigente, in spregio alla volontà dei cittadini che a questa Costituzione si sono appellati, e per di più con un pronunciamento di straordinaria portata (la più ampia partecipazione popolare mai verificatasi dal 1948 ad oggi).

4. “Chi potrà negare (…) magari ai sudtirolesi di decidere, con referendum, di farsi una Regione da soli?” Michele Guarda continua ad ignorare la Costituzione vigente (gliene spedirò una copia), la quale all’art. 132, primo comma, vieta di costituire nuove regioni che non abbiano “un minimo di un milione di abitanti”. Perché, dunque, fare esempi a vanvera, in contrasto esplicito con la nostra Carta costituzionale?

5. Guarda afferma da ultimo: “a mio modesto parere l’art. 132 della Costituzione andrebbe interpretato in maniera ampia”, perché “serve consultare con analogo referendum anche la popolazione del territorio che dovrebbe accogliere tale comune”. Purtroppo, oltre a ignorare la Costituzione vigente (che non lo prevede), Guarda ignora anche la giurisprudenza della Corte Costituzionale. Con la sentenza n. 334 del 10 novembre 2004 (gli manderò anche questa) la Corte Costituzionale (relatore il giudice Franco Bile, che della Corte è l’attuale Presidente) ha dichiarato “l’illegittimità costituzionale dell’art. 42, secondo comma, della legge 25 maggio 1970, n. 352” (la legge ordinaria che regola tutti i tipi di referendum), nella parte in cui prevede altre deliberazioni oltre a quelle del comune interessato e del Parlamento. Il “modesto parere” di Guarda confligge dunque totalmente sia con l’art. 132 della Costituzione, sia con la citata sentenza della Corte costituzionale, il giudice della costituzionalità delle leggi.

6. Sono stato un po’ lungo, ma, come si vede, è meglio non giocare né con i diritti costituzionalmente garantiti, né con interpretazioni velleitarie che confliggono totalmente con la Corte costituzionale. A meno che la Costituzione non sia ritenuta un “optional”, da rispettare e applicare solo quando fa comodo (ma comodo a chi?). Sono convinto che nella nostra Regione e nel nostro Trentino possa esistere la capacità di affrontare con maggiore generosità e con maggiore lungimiranza una questione così complessa e delicata, che non a caso il Parlamento sta ora esaminando (su esplicita richiesta dei presidenti Dellai e Durnwalder) sulla base di progetti di legge di rango costituzionale.

Marco Boato

 

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